26 marzo 2013

100 ragioni per amare il cinema indiano: Un solo cinema? Noo, 100!



Il cinema indiano è un insieme vasto e multiforme, e la produzione popolare in lingua hindi, volgarmente denominata Bollywood, ne costituisce solo una parte (ma consistente). Il cinema indiano varia a seconda dell'area geografico/linguistica di provenienza, del genere/contenuto, dei canoni estetico/culturali, della forma produttiva.
 
Qualcuno ci rimarrà secco per la sorpresa: il cinema indiano non è solo popolare. Esiste in parallelo un'agguerrita, resistente produzione d'autore - non solo in lingua inglese né solo realizzata a Kolkata - che vanta un'illustre tradizione. È interessante notare come negli ultimi anni gli scambi fra cinema popolare e d'autore si siano moltiplicati a reciproco vantaggio. E spesso le pellicole migliori risultano essere proprio quelle maggiormente contaminate. Ormai non fanno più notizia i registi della scena alternativa che dirigono film popolari, le grandi major che producono titoli di nicchia, o le star di grosso calibro che si cimentano in ruoli raffinati.



La galassia indipendente non è forse consolidata come altrove, ma è comunque molto vivace. Occuparsi di sceneggiatura o regia è l'aspirazione di un folto stuolo di giovani appassionati e caparbi. Ne deriva un lavorio incessante e operoso da cui nascono corti, spesso caricati in YouTube, e lungometraggi prodotti in proprio, con budget irrisori e con risultati altalenanti. È da questo immenso calderone che emergono nomi nuovi e interessanti. Non dimentichiamo che l'industria cinematografica indiana vanta probabilmente i registi più giovani al mondo.


Altra sorpresa: il cinema indiano non significa solo romanticismo e danze, e non è solo masala. Tutti i generi vengono esplorati. A titolo di esempio, il film d'azione/crime è amatissimo, e di solito registra incassi spettacolari. Le pellicole drammatiche sono spesso di ottima fattura. Alcune commedie/satire sono deliziose. Il thriller e l'horror possono contare su un ristretto ma compatto bacino di devoti. La fantascienza sta vivendo una fase di impennata creativa. Anche l'animazione è in grande espansione. La cinematografia per ragazzi vanta numerose piccole gemme. Esiste una produzione softcore (e, pare, hardcore), però non ne conosco esiti e diffusione. I documentari sono in larga parte validi e apprezzati.

Eega

Affrontare il cinema indiano dal punto di vista linguistico e geografico provoca qualche capogiro. L'industria più nota e forse più affermata (però su questo punto il dibattito è molto acceso) è quella popolare in lingua hindi, volgarmente denominata Bollywood. Spesso in occidente si tende ad identificare il cinema indiano con Bollywood, commettendo dunque un grossolano errore. Bollywood ha il suo centro a Mumbai - metropoli dove si parla marathi e non hindi -, ma si realizzano film anche a Delhi. Esiste una produzione hindi d'autore e indipendente, però Bollywood, con i suoi superdivi, la sua estetica esasperata, i suoi investimenti stellari e il suo scintillante richiamo, adombra ogni altro settore artistico (compreso quello musicale). Sotto certi aspetti, comunque, Bollywood e le altre cinematografie popolari locali sono le più genuinamente indiane: non dimentichiamo che il masala (mescolanza di generi, condita da canzoni e coreografie spettacolari) è nato nel subcontinente ed è tuttora in voga.
 


Kollywood, il cinema popolare in lingua tamil con sede a Chennai, non resta certo a guardare: è la diretta e insidiosa concorrente di Bollywood, con star altrettanto celebri e amate, e con numeri altrettanto immensi. Negli ultimi mesi le pellicole tamil stanno circolando, e con successo, anche all'estero, sottraendo pubblico a quelle hindi.
La competizione è bollente: Tollywood, il cinema popolare in lingua telugu con sede ad Hyderabad, è in crescita continua, e, grazie a produzioni stravaganti, sta dando filo da torcere agli avversari.

Antaheen

L'industria cinematografica in lingua bengali con sede a Kolkata è più nota per i film d'autore (spesso in inglese) che non per quelli popolari (di solito di qualità modesta, produzione identificata anch'essa col nome Tollywood, quindi attenzione a non fare confusione), ed è la più diffusa presso il circuito dei festival internazionali.
La produzione d'autore in lingua malayalam ha sede in Kerala, ed è altrettanto apprezzata dal pubblico dei festival. Quella popolare è volgarmente denominata Mollywood.
Il cinema in lingua marathi divide con Bollywood il proprio centro: Mumbai. È un cinema che sta vivendo una grande rinascita, con pellicole spesso premiate a livello nazionale.
Esistono poi altre cinematografie: in lingua punjabi, kannada (Sandalwood, se popolare), odissi, gujarati, konkani, assamese, eccetera.


Un'ultima precisazione: i lavori di Mira Nair, di Gurinder Chadha, di Deepa Mehta, Slumdog Millionaire o Vita di Pi, non sono film indiani popolari o d'autore o indipendenti, bensì produzioni internazionali girate da registi di origine indiana e/o che narrano storie ambientate in India e/o che includono nel cast attori indiani. Quindi Bollywood non ha vinto nessun Oscar con Slumdog Millionaire (anche se lo ha agguantato A.R. Rahman per la magnifica colonna sonora).
 
Vi metto in guardia: se da Bollywood iniziate ad allargare i vostri orizzonti e a ficcare il naso in altre produzioni indiane, è la fine. Verrete risucchiati dal gorgo e non avrete scampo. Il cinema indiano è un'immensa luccicante palude dalla quale non si torna vivi. #warnedyou